“(…) te la sentiresti di promettermi una cosa?”
“Si…” bisbigliò Peter, colto alla sprovvista.
“Devi promettermi che da grande non permetterai che ci sia un’altra guerra” disse il vecchio.
“Perché?” fece Peter pizzicandosi le guance.
“Perché la guerra non è degna degli uomini”.
“Perché?”.
“Perché in guerra la gente è costretta a comportarsi in un modo innaturale”.
“Perché?”.
“Tu, ad esempio, stai sempre in questa cantina. Ti sembra giusto?”
“Si”.
“Per quale motivo ti sembra giusto, bambino mio?”.
“Se esco mi uccidono”.
“E ti pare bello che un ragazzino non possa uscire di casa perché altrimenti lo uccidono?”.
“E’ così…” mormorò Peter scrollando le spalle.
“Ma ti piacerebbe andare a giocare nel cortile?” insistette il medico.
“Si,” rispose Peter “per raccogliere una margheritina”.
“Solo quello?”
“Si. Perché il cortile puzza. Ci sono i morti”.
il vecchio mormorò: “Povero bambino mio…” e aveva gli occhi lucidi.
Il rogo di Berlino
Il rogo di Berlino è un libro che, senza orpelli né peli sulla lingua, descrive la brutalità della guerra.
La storia è autobiografica, ed è raccontata da una Helga bambina, che viene abbandonata della madre quando questa decide di arruolarsi con le SS.
Così Helga si ritrova, insieme con il fratellino Peter, ad essere affidata alle cure della matrigna e del nonno durante gli anni della seconda guerra mondiale.
A causa della devastazione causata dai continui attacchi aerei e bombardamenti, sono costretti a rintanarsi tutti nella buia cantina del palazzo in cui abitavano, sulla Lothar-Bucher-Strasse, mentre fuori Berlino brucia e il cielo, una volta azzurro, si tinge di rosso fuoco e si annebbia di cenere.
Là Helga, come tutti gli altri, sarà costantemente tormentata dalla fame e dalla sete; e dovrà fare i conti con un inguaribile senso di solitudine e abbandono che non la lascerà mai.
La narrazione è cruda e dura, non ci risparmia particolari raccapriccianti che erano quotidianità in tempo di guerra.
L’ansia, la paura e l’angoscia dei bombardamenti trasudano dalle pagine e si attanagliano alla pelle, ma nonostante ciò la narrazione è scorrevole, fatta di periodi brevi e concisi. Di pensieri semplici e asciutti e terribili. Pensieri di bambina, ma che una bambina non dovrebbe mai avere.
Il libro non si esime dall’esprimere una rabbia sorda, che non ha mai lasciato il posto al perdono e che non è nemmeno mai stata dimenticata, nonostante gli anni passati tra gli eventi e la stesura del libro (circa 50), che vuole denunciare gli orrori indicibili di cui Helga è stata testimone e che lei stessa ha dovuto subire sulla sua pelle.
M.